Scenografia “La Fanciulla di Pskov”

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Scenografia “La Fanciulla di Pskov”

Scenografia “La Fanciulla di Pskov”

1912, Bozzetto per scena alla Scala di Golovin

Francesco Arata lavora al Teatro alla Scala, probabilmente già da studente di Accademia, come assistente del noto scenografo mantovano Vittorio Rota (1864-1945, allievo del cremasco Antonio Rovescalli) e che rappresenta una cultura artistica di matrice verista.

Nei primi anni del ‘900 il più originale contributo alla scena teatrale europea proviene dalla Russia, laddove a partire da una grande tradizione viene rinnovato ogni settore del palcoscenico con musiche, danze, colori, scene e costumi d’avanguardia che mai si erano visti.

Ne è un esempio la compagnia di danza les Ballets Russes dell’impresario Djagilev che dal 1909 al 1929 porta in Occidente, con grande successo, la migliore cultura russa: ballerini (Nijnsky), cantanti, attori (Ida Rubinstein), musicisti (Stravinsky), scenografi (Bakst) e molti altri.

Tra gli autori che così trovano notorietà ci sono il musicista Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844-1908) direttore del Conservatorio di Mosca e lo scenografo Alexandr Golovin (1863-1930) del Teatro dell’Opera di Mosca.

Dalla collaborazione dei due artisti prende forma l’opera lirica “la fanciulla di Pskov” del 1901, un drammone che narra di come lo Zar Ivan il Terribile ritrovi nella città di Pskov, appena conquistata con le armi, una figlia sconosciuta, la quale subito dopo perde la vita.

L’opera viene rappresentata al Teatro alla Scala nel 1912 con le scenografie originali: nel ruolo di Ivan il celebre basso russo Fjodor Saljaplin.

Già nel 1901 Saljaplin si era esibito alla Scala come Mefistofele nell’opera omonima di Arrigo Boito, accanto a Enrico Caruso nei panni del dottor Faust, entrambi diretti da Arturo Toscanini.

Francesco Arata si rende conto della novità “impressionista” di questa scenografia, suggestiva e ricca di pathos, a confronto delle “fredde ma perfette” (sono parole di Arata) scene di Rota.

Ne fa una copia che è qui esposta: il maestro invidioso non gradisce e i due vengono alle mani.

Finisce così la carriera di Arata alla Scala.